La scorsa estate è scoppiata la protesta del sorriso. La scintilla, una dichiarazione del vicepremier turco secondo cui le donne per mantenere il loro decoro non dovrebbero ridere in pubblico. E da lì un fiume di sorrisi ovunque, sui social e fuori. Perché il sorriso è fatto così. E’ contagioso, non costa niente e si moltiplica. All’inizio di un amore, in una giornata, in una relazione, a tavola con un amico, è quel gesto che può scatenare una piccola rivoluzione.
L’etimologia, dal latino sub – ridere, nel senso di riso più attenuato e discreto, già allude al carattere gentile di una parola che anche nell’onomatopea suona leggera. Ed è il sorriso stesso che con leggerezza affiora sulle nostre labbra, ma può sprigionare grandi cambiamenti.
L’atto del sorridere ha una matrice biologica e culturale al tempo stesso. I bambini appena nati sorridono già. E’ un comportamento che appartiene alla natura umana e via via si arricchisce di valenze sociali. Sorridere crea un ponte, annulla le distanze e le gerarchie. Non a caso la fotografia, come forma d’arte e espressività sempre più diffusa e popolare rispetto alla pittura che ritraeva nobili e re, dopo un primo esordio di scatti seriosi e compassati ha introdotto e diffuso la pratica del “cheese”.
Un sorriso fa bene a chi lo riceve e a chi lo fa. Sui “superpoteri” del sorriso, imperdibile la TED Talk di Ron Gutman. Sui benefici del sorridere Gutman sciorina studi scientifici e dati. Ad esempio che il 30% di noi sorride più di 20 volte al giorno e i bambini ben 400 volte. Sarà per questo che loro i superpoteri li hanno più di tutti?